Per il presidente russo, Vladimir Putin, l’omosessualità è una malattia da curare con “terapie di conversione”.
La situazione si fa complicata per la comunità Lgtbq+ che vive in Russia, dove è reato anche solo parlare pubblicamente di temi legati all’omosessualità o alla transizione di genere. Secondo il volere del presidente Vladimir Putin, la Duma ha dato il via alla creazione di un istituto che si occupi di ricerca sul “comportamento sociale” per studiare gli individui gay e transgender.
Nel Paese è stato discusso un nuovo provvedimento che prevede che chi non ha un orientamento eterosessuale venga trattato come pazienti affetto da una “malattia mentale”. Ad annunciarlo è stato il Novaya Gazeta, quotidiano russo considerato dal Cremlino come dissidente, tanto da essere stato costretto a spostarsi fuori dai confini nazionali per evitare vessazioni.
Lo studio di ricerca proposto da Putin
Putin ha chiesto quindi che venga istituito un centro di ricerca per studiare il comportamento delle persone Lgbtq+. Questo centro, come spiega il ministro della Sanità russo Mikhail Murashko, prevede “terapie di conversione” attraverso percorsi psicologici e fisiologici “per riportare le idee sul proprio ruolo gender alla realtà”.
Il nuovo studio di ricerca sarà un’estensione del Centro di psichiatria e narcologia Serbsky, che dal 1960 al 1980 vedeva rinchiusi i dissidenti del regime sovietico, dichiarati anche loro malati di mente e spesso anche torturati.
Il divieto di cambiare sesso
Inoltre, la Duma ha approvato la proposta di legge contro gli interventi di cambio sesso, per motivi non legati ad anomalie genitali congenite. Rimarrebbero possibili quindi, solo le operazioni per trattare anomalie nei bambini “su decisione di una commissione medica di un’istituzione sanitaria pubblica statale”.
Il provvedimento vieta anche di correggere o modificare i documenti sulla base di certificati di riassegnazione del genere. Come spiega il ministro della Giustizia russo, Konstantin Chuichenko, il divieto di cambiare sesso nei passaporti e in altri documenti sarebbe stato uno dei primi passi per “sancire i valori della famiglia nella legislazione nazionale”.